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Paolo Assandri
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Evita di Evitare: perché evitare l’ansia crea più ansia

Credo che sia capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di aver evitato una situazione solo perché ci provocava ansia. Magari non siamo andati ad una festa perché non conoscevamo molti degli invitati, oppure non abbiamo dato un esame perché non ci sentivamo abbastanza pronti, o non abbiamo preso un aereo perché non ci sentivamo sufficientemente sicuri. 

Se lo abbiamo fatto, abbiamo utilizzato una di quelle che vengono chiamate “strategie di evitamento”. In parole povere, abbiamo scelto di non affrontare l’ansia che quella situazione poteva provocarci, evitando di affrontare quella specifica situazione. In questo modo, abbiamo temporaneamente diminuito il livello di stress, ci siamo sentiti meglio, ma, forse, abbiamo anche provato un senso di sconfitta.

Non c’è nulla di male nell’applicare di tanto in tanto qualche strategia di evitamento. Tutti lo facciamo saltuariamente. Il problema emerge però quando le strategie di evitamento diventano il nostro modo abituale di affrontare (o meglio, di NON affrontare) le sfide della nostra vita, piccole o grandi che siano.

Quali effetti le strategie di evitamento possono avere sulla qualità della nostra esistenza e della nostra salute mentale?

Le strategie di evitamento aumentano l’ansia.
Il nostro sistema nervoso (e quindi anche il nostro cervello) è plastico, cioè si modifica a seconda delle nostre esperienze e dei nostri pensieri abituali. Più utilizziamo consistentemente delle strategie di evitamento per abbassare l’ansia, e più rendiamo il nostro sistema nervoso particolarmente reattivo nei confronti di alcuni stimoli. Il nostro cervello impara, quindi, a classificare come “pericolose” tutte le situazioni simili a quelle che solitamente evitiamo. Anche quelle che vi somigliano vagamente. Per cui, ad esempio, se il nostro sistema nervoso ricevesse costantemente il messaggio che “le situazioni con tante persone” sono rischiose, potremmo trovarci, gradualmente, ad evitare tutti i luoghi che percepiamo come “affollati”, compresi quelli che sono essenziali per la nostra sopravvivenza (ad esempio, il nostro posto di lavoro o un supermercato). 

Le strategie di evitamento non risolvono il problema: lo mantengono.
In inglese si dice “what you resist, persists” (ciò a cui resisti, persiste). In effetti tutte le strategie di evitamento sono un tentativo illusorio e inefficace di resistere all’ansia. Nel cercare di evitarla, ci precludiamo, però, la possibilità di imparare ad accoglierla, a gestirla e a tollerare le sue manifestazioni. In questo modo, rafforziamo la convinzione (errata) che possiamo solo soccombere al suo potere. Insomma, diventiamo vittime dell’ansia.

Le strategie di evitamento possono deteriorare i nostri rapporti personali e professionali (anche quelli che sono importanti per il nostro benessere).
Le strategie di evitamento non solo ci tengono lontano da cosa ci provoca ansia, ci possono allontanare anche da ciò che ci piace, dalle occasioni sociali, dalle responsabilità e dalle opportunità professionali o personali. Possono anche distanziarci da amici, partner e persone importanti, che potrebbero non accettare le limitazioni imposte dalle nostre strategie per evitare l’ansia.

Le strategie di evitamento ci fanno perdere fiducia in noi stessi.
Ogni volta che evitiamo una situazione che ci provoca ansia, consolidiamo l’idea secondo la quale non siamo in grado di affrontare le sfide della nostra esistenza. In questo modo perdiamo il senso di auto-efficacia, cioè la convinzione di poter investire con successo le nostre energie e le nostre risorse per raggiungere i nostri obiettivi.

 

Quali sono le convinzioni limitanti che sono alla base delle strategie di evitamento?

CONVINZIONE LIMITANTE Numero 1:
Chi prova ansia è “debole”, strano o ha un disturbo mentale.
In realtà, tutti provano ansia di tanto in tanto. Anche le persone che ammiriamo maggiormente possono sperimentare la scomodità e la spiacevolezza dell’ansia, a volte a causa di eventi reali, altre volte per preoccupazioni o fantasie catastrofiche. Proprio come succede a tutti noi. Inoltre, l’ansia non è necessariamente un sintomo patologico. Se, però, ritieni che il livello di ansia che stai provando stia creando grande sofferenza e generi molti limiti, rivolgiti ad uno psicologo o ad un medico.

CONVINZIONE LIMITANTE Numero 2:
Non c’è modo di vincere l’ansia. L’ansia è più forte. Punto e basta.
In realtà, sebbene l’ansia sia qualcosa di inevitabile per tutti gli esseri umani, possiamo imparare a tollerarla e a farla diventare una compagna di viaggio fastidiosa, ma sopportabile. Ad esempio, se addestriamo il nostro sistema nervoso a diventare meno reattivo rispetto agli stimoli esterni, potremmo scoprire di essere in grado di sopportare la scomodità che certe circostanze ci creano. Questo è possibile attraverso attività come la meditazione-mindfulness, la respirazione consapevole, il training autogeno o lo yoga, che devono, però, essere eseguite con regolarità per consentire al nostro sistema nervoso di diventare meno reattivo. Anche la psicoterapia è un ottimo modo per imparare ad affrontare le situazioni ansiogene. Infatti, può insegnarci a trovare nuovi modi di interpretare le situazioni stressanti, a creare strategie funzionali per affrontare l’ansia, e a cambiare il nostro atteggiamento nei confronti delle sfide della nostra esistenza.

CONVINZIONE LIMITANTE Numero 3:
Più la mia ansia è intensa più il pericolo è reale (ed imminente).
In realtà, l’intensità dei sintomi ansiosi non ci dà informazioni precise sulla pericolosità delle circostanze che viviamo. Anzi, più di quanto pensiamo, la nostra ansia è attivata da preoccupazioni, fantasie catastrofiche e paure, che raramente diventano realtà. Quindi, l’ansia è, spesso, poco attendibile come segnale di allarme. Pensate ad esempio a quando guardate un film horror o un thriller. Durante la visione del film, possiamo provare grande ansia, ma questo non significa che siamo in pericolo di vita!

CONVINZIONE LIMITANTE Numero 4:
Non posso essere fragile = Non posso essere imperfetto = Non posso essere ansioso.
In realtà, tutti siamo fragili, imperfetti e, a nostro modo, ansiosi, anche se non ci piace ammetterlo. Le strategie di evitamento ci tengono lontano, ma solo apparentemente, dalle situazioni che ci possono mettere in imbarazzo, che possono farci sentire inadeguati o che possono farci provare vergogna. In questo modo, però, nutriamo un circolo vizioso in cui ci mettiamo nella condizione di non imparare dai nostri errori e non apprendiamo a tollerare ansia e vergogna. Ricordiamoci che uno degli apprendimenti più grandi avviene dalle riflessioni che i nostri errori ci spingono a fare.

Come fare allora? 

1. Ricordati che le strategie di evitamento non sono la soluzione. Anzi: possono mantenere il problema.
Nonostante ti possa sembrare impossibile, ti invito a lasciare andare l’idea che le strategie di evitamento possano essere la soluzione ai tuoi problemi legati all’ansia. Se ci rifletti, infatti, potresti arrivare alla conclusione che, tutte le volte che le hai impiegate, il loro risultato è stato solo temporaneo. Le strategie di evitamento sono il modo in cui i tuoi problemi legati all’ansia vengono mantenuti in vita. E in modo estremamente efficace, aggiungerei. 

2. Puoi imparare a gestire la tua ansia.
Accettare l’ansia e sopportare efficacemente le sue manifestazioni, non è un talento innato: si può apprendere. Nonostante sia vero che alcuni possono essere naturalmente più bravi di altri, tutti possiamo imparare a tollerare l’ansia in modo efficace. Ricordati che non esistono le “Olimpiadi di Gestione dell’Ansia” e, proprio per questo motivo, non ci sono né vincitori né vinti: piuttosto, siamo tutti impegnati in un processo di apprendimento. 

3. Evita di evitare: FALLO! Ma fallo un passo alla volta.
Per imparare a non impiegare costantemente strategie di evitamento, dobbiamo fare qualcosa che è contro-intuitivo: dobbiamo spingerci ad affrontare le situazioni ansiogene. Ma per farlo, dobbiamo imparare a spingerci all'azione con gentilezza, gradualità, e con il giusto grado di determinazione. 

Se affrontiamo una circostanza ansiogena, informeremo il nostro sistema nervoso che quella non è una situazione pericolosa, per cui, quando ci troveremo in una situazione simile, il nostro sistema nervoso sarà meno reattivo. Quindi, avvertiremo meno ansia.

Comincia dall’affrontare le situazioni meno ansiogene, e, a mano a mano, prova con quelle che generano un livello di ansia maggiore. Ma anche con queste ultime, prova a farlo in modo graduale. Ad esempio, se continui ad evitare i posti affollati, inizia con i luoghi che contengono un numero di persone che genera un livello di ansia che sei in grado di sopportare. Poi, gradualmente, scegli una situazione che ti sfida un po’ di più. E così via. Se, durante questo processo di apprendimento, sentirai che stai andando troppo velocemente o che ti stai mettendo eccessivamente sotto pressione (con il rischio di bloccarti), rallenta! Ricordati: un passo per volta.

4. Accetta che, come tutti gli esseri umani, sei imperfetto e puoi commettere errori.
Prendi in considerazione che, se vuoi imparare a tollerare l’ansia, devi gradualmente apprendere ad accogliere la tua fragilità, la tua vulnerabilità e la tua imperfezione. Nel nostro percorso esistenziale, tutti facciamo errori e passi falsi. Se, però, li accogliamo come un’occasione di apprendimento, possiamo aprirci alle opportunità di crescita che contengono. E alla possibilità di creare una vita più simile a quella che vorremmo.

"Il dolore in questa vita non è evitabile, ma il dolore che creiamo evitando il dolore è evitabile."

R.D. Laing

Autore: Paolo Assandri è un Counselling Psychologist (registrato presso HCPC e British Psychological Association), uno Psychotherapist (UKCP) e uno Psicologo-Psicoterapeuta (Ordine degli Psicologi del Piemonte). Vive e lavora a Londra dove offre counselling e psicoterapia.

Nota degli Autori:
Questo articolo/esercizio non si intende come sostituto di alcuna terapia medica e/o psicologica. Il suo obiettivo è quello di informare i lettori e di migliorare il senso di benessere individuale. Qualora sentiste bisogno di supporto medico e/o psicologico, rivolgetevi ad un professionista sanitario (medico, psicologo o psicoterapeuta). Gli autori, i produttori e i consulenti impegnati alla realizzazione di questo articolo non sono responsabili delle scelte  e delle azioni dei lettori avvenute dopo la lettura dell'articolo o dopo l'esecuzione dell'esercizio.

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