Credo che sia capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di aver evitato una situazione solo perché ci provocava ansia. Magari non siamo andati ad una festa perché non conoscevamo molti degli invitati, oppure non abbiamo dato un esame perché non ci sentivamo abbastanza pronti, o non abbiamo preso un aereo perché non ci sentivamo sufficientemente sicuri.
Se lo abbiamo fatto, abbiamo utilizzato una di quelle che vengono chiamate “strategie di evitamento”. In parole povere, abbiamo scelto di non affrontare l’ansia che quella situazione poteva provocarci, evitando di affrontare quella specifica situazione. In questo modo, abbiamo temporaneamente diminuito il livello di stress, ci siamo sentiti meglio, ma, forse, abbiamo anche provato un senso di sconfitta.
Non c’è nulla di male nell’applicare di tanto in tanto qualche strategia di evitamento. Tutti lo facciamo saltuariamente. Il problema emerge però quando le strategie di evitamento diventano il nostro modo abituale di affrontare (o meglio, di NON affrontare) le sfide della nostra vita, piccole o grandi che siano.
Quali effetti le strategie di evitamento possono avere sulla qualità della nostra esistenza e della nostra salute mentale?
Le strategie di evitamento aumentano l’ansia.
Il nostro sistema nervoso (e quindi anche il nostro cervello) è plastico, cioè si modifica a seconda delle nostre esperienze e dei nostri pensieri abituali. Più utilizziamo consistentemente delle strategie di evitamento per abbassare l’ansia, e più rendiamo il nostro sistema nervoso particolarmente reattivo nei confronti di alcuni stimoli. Il nostro cervello impara, quindi, a classificare come “pericolose” tutte le situazioni simili a quelle che solitamente evitiamo. Anche quelle che vi somigliano vagamente. Per cui, ad esempio, se il nostro sistema nervoso ricevesse costantemente il messaggio che “le situazioni con tante persone” sono rischiose, potremmo trovarci, gradualmente, ad evitare tutti i luoghi che percepiamo come “affollati”, compresi quelli che sono essenziali per la nostra sopravvivenza (ad esempio, il nostro posto di lavoro o un supermercato).
Le strategie di evitamento non risolvono il problema: lo mantengono.
In inglese si dice “what you resist, persists” (ciò a cui resisti, persiste). In effetti tutte le strategie di evitamento sono un tentativo illusorio e inefficace di resistere all’ansia. Nel cercare di evitarla, ci precludiamo, però, la possibilità di imparare ad accoglierla, a gestirla e a tollerare le sue manifestazioni. In questo modo, rafforziamo la convinzione (errata) che possiamo solo soccombere al suo potere. Insomma, diventiamo vittime dell’ansia.
Le strategie di evitamento possono deteriorare i nostri rapporti personali e professionali (anche quelli che sono importanti per il nostro benessere).
Le strategie di evitamento non solo ci tengono lontano da cosa ci provoca ansia, ci possono allontanare anche da ciò che ci piace, dalle occasioni sociali, dalle responsabilità e dalle opportunità professionali o personali. Possono anche distanziarci da amici, partner e persone importanti, che potrebbero non accettare le limitazioni imposte dalle nostre strategie per evitare l’ansia.
Le strategie di evitamento ci fanno perdere fiducia in noi stessi.
Ogni volta che evitiamo una situazione che ci provoca ansia, consolidiamo l’idea secondo la quale non siamo in grado di affrontare le sfide della nostra esistenza. In questo modo perdiamo il senso di auto-efficacia, cioè la convinzione di poter investire con successo le nostre energie e le nostre risorse per raggiungere i nostri obiettivi.